Emanuele, 25 anni, Genova: la collega bionda

Genova: il mio tradimentoHo 25 anni, mi chiamo Emanuele e abito a Genova. Lavoro come consulente aziendale in un piccolo ufficio condiviso da più imprese, in cui -oltre a me- ci sono più che altro liberi professionisti. Non rimangono mai a lungo: di solito ho un nuovo compagno di scrivania per un paio di mesi al massimo, poi quello se ne torna a lavorare da casa o chissà dove e arriva il prossimo.

Ma questa ragazza bionda di 22 anni mi aveva colpito fin dall’inizio ed è rimasta a lavorare qui per diversi mesi consecutivi, più a lungo del previsto. Ricordo ancora il primo giorno che l’ho vista. Mi sono seduto di fronte a lei perché volevo conoscerla, lei mi ha sorriso, ma non mi ha rivolto la parola.

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È andata avanti così per un po’ e a dire il vero io avevo già cominciato a perdere interesse. Poi un giorno qualcuno ha portato una torta di compleanno in ufficio. Stavamo tutti mangiando ai nostri posti, quando io ho deciso di fare una pausa con il mio iPad e di andare a sedermi in una zona appartata, dove di solito riceviamo i nostri clienti. È stato allora che ci siamo parlati per la prima volta. Avevo già sospettato che lei fosse venuta lì apposta per me, perché prima di allora non l’avevo mai vista prendersi un momento di pausa.

A essere sinceri, all’inizio non mi ero nemmeno accorto che era proprio lei che mi stava chiedendo se poteva sedersi accanto a me per farmi compagnia, ma quando ho realizzato la situazione, mi sono stupito, e non poco! Questo è bastato per riaccendere il mio interesse. Non un interesse del tipo „ti voglio subito adesso“, ma più che altro una curiosità di conoscerla. Abbiamo parlato del più e del meno e devo dire che non ho mai fatto tanta fatica a conversare con una donna. Non è stata colpa sua. Credo che sia dipeso dal fatto che la vedevo ogni giorno da un sacco di tempo senza che ci fossimo mai davvero conosciuti. Non ci ero abituato.

Le cose sono rimaste così per tutto l’autunno, fino all’inverno. A un certo punto ho notato che lei faceva sempre più straordinari. Forse perché non sapeva che avrebbe potuto chiedere la chiave dell’ufficio per andare e venire autonomamente senza bisogno che ci fosse qualcuno alla reception? Non lo so. Ad ogni modo, eravamo spesso da soli. Dapprima lavoravamo ognuno per i fatti suoi senza scambiarci una parola. Una sera, però, all’improvviso mi ha fatto una domanda tecnica, alla quale ovviamente ho risposto immediatamente.

Allora ho capito che aveva voglia di parlare con me. Più ore di straordinario facevamo insieme, più chiacchieravamo, e meno riuscivamo a concentrarci sul nostro lavoro. Quell’inverno rimanevamo sempre a lungo in ufficio. Una volta abbiamo addirittura fatto l’una del mattino. Quel giorno lei si era seduta di fianco a me già dalle 10 di sera per guardare dei video del mio comico preferito su YouTube, che tra l’altro ha fatto morire dal ridere anche lei.

Devo ammettere che a in quel periodo ero piuttosto frustrato. Sapevo di piacerle: senza falsa modestia, so di essere un uomo molto attraente. Oltretutto, per il mio lavoro devo sempre avere un aspetto elegante e curato e nel frattempo mi ci sono abituato. Ciononostante, la situazione non si evolveva. Discutevamo di argomenti profondi, parlavamo delle nostre vite private, ci confidavamo a vicenda. Io la ammiravo. Era riuscita ad avere successo come giornalista contando solo sul suo duro lavoro, alla fine aveva anche interrotto i suoi studi universitari per lavorare.

Qualche volta mi faceva dei favori. Così, senza che glielo avessi chiesto. Ma per il resto sembrava che tutto questo si limitasse solo all’ambito professionale. O al massimo al pezzettino di strada che facevamo insieme tornando a casa, camminando uno di fianco all’altra fino al semaforo, dove le nostre vie si separavano. Davvero non sapevo cosa aspettarmi da quella donna.

Col senno di poi, sono stato uno stupido, ma allora non mi sembrava di ricevere dei segnali inequivocabili da parte sua. C’era un’altra donna che invece si dava molto da fare per farmi capire che le piacevo. Era una ricercatrice collega di un docente, con il quale sono a tutt’oggi in buoni rapporti. Sono uscito con lei un paio di volte, più che altro perché speravo che poi mi lasciasse in pace, ma chiaramente non è stata una mossa molto intelligente da parte mia – infatti è successo quello che non doveva succedere. Lei si è innamorata di me, mi ha baciato, e prima che me ne accorgessi mi sono ritrovato in una relazione con lei.

Neanche a farlo apposta, il giorno seguente la mia bella collega è venuta al lavoro indossando un tailleurino color blu oltremare che le stava benissimo. Qui in ufficio ogni tanto alcuni di noi tengono delle conferenze aperte al pubblico, e quel giorno toccava a lei. Non sono riuscito a trattenermi e le ho fatto un complimento di fronte a tutti, cosa che le ha fatto visibilmente piacere. Che ci posso fare: ho un debole per le donne ben vestite. Ovviamente mi sono trattenuto fino a sera e ho assistito al suo intervento. Mentre parlava, continuava a sorridere nella mia direzione.

Alla fine dell’evento, lei era ancora carica di energia e, dopo che tutti gli altri se n’erano andati, si è seduta al suo posto e ha continuato imperterrita a lavorare. Non avrei dovuto farlo, ma sono rimasto in ufficio anch’io, è chiaro. Di solito non sono uno che tradisce, ma, con quel suo tailleur blu, quella donna mi faceva impazzire, senza contare che mi sentivo anche soffocare dalla relazione che avevo mio malgrado appena intrapreso e della quale volevo liberarmi il prima possibile. Naturalmente con lei non ho fatto parola di tutto ciò. La serata è trascorsa come tutte le altre serate in cui lavoravamo insieme. A un certo punto ci siamo ritrovati seduti uno di fianco all’altra. Eravamo così vicini che sentivo il suo braccio sfiorare il mio. Non è successo nulla, fino a quando non ci siamo incamminati verso casa per il famoso pezzettino di strada comune e siamo arrivati al semaforo, dove di solito io mi dirigo verso il mio appartamento e lei verso la fermata della metro. È stato allora che ci siamo accorti di quanto fosse tardi: avevamo fatto mezzanotte. Significava che lei aveva appena perso l’ultimo treno della metropolitana. A quel punto le ho proposto di venire un attimo su da me, così avrei potuto appoggiare le mie cose e poi le avrei dato un passaggio in macchina. Sempre se poi ci vuole ancora andare, a casa -ho pensato fra me e me.

Lo ripeto… non sono il tipo che tradisce. Delle due preferisco dare un taglio netto a una relazione che non funziona prima di incominciarne un’altra. Non so neanch’io di preciso che cosa avesse di magico quella serata, fatto sta che siamo rimasti a lungo sul mio divano. Poi è venuta la musica. E poi ancora il vino. E a quel punto stava già succedendo. Abbiamo fatto sesso. E non una volta sola. Non mi ero aspettato niente di fenomenale, se non forse la piacevole sensazione di venire desiderato da una bella donna, perché le altre belle donne con cui ero stato non erano poi sto gran che a letto. Lei invece lo era, eccome. È rimasta tutta la notte e il mattino seguente nessuno dei due aveva chiuso occhio, ma io ero contento così. Non mi dispiaceva nemmeno di aver tradito la mia ragazza, nonostante fosse stato il primo tradimento della mia vita.

Siamo andati in ufficio separatamente. Prima lei. Poi io, un’ora più tardi. In quell’ora ho preso la decisione di lasciare la mia ragazza. Non era molto corretto da parte mia farlo soltanto a quel punto, ma aspettare ancora sarebbe stato anche peggio. La notte appena passata con la mia collega mi aveva reso sicuro al 100% che sarebbe stata la cosa giusta da fare. Anche se per caso lei avesse voluto solo un’avventura -non ne avevamo ancora parlato, però credo non fosse così- mi sarebbe andato bene lo stesso. Ma, passando per il parcheggio davanti all’ufficio, non ho potuto non notare subito la Golf rossa della mia ragazza.

Un presentimento fortissimo mi ha attanagliato la gola e, mentre salivo in ascensore, il panico che tutto fosse venuto a galla si è fatto sempre più intenso, fino a quando non sono arrivato in ufficio e il sospetto è diventato realtà. Le due donne, la mia ragazza e la mia collega, erano sedute una di fianco all’altra. Entrambe si sono girate a guardarmi appena sono entrato. Lei, quella che io desideravo, ha semplicemente detto: “Hai visite.” Tutto quello che ricordo è come la mia ragazza mi mollato uno schiaffone davanti a tutti, e poi subito un altro, prima di girare sui tacchi e andarsene. Non l’ho più vista né sentita, e sinceramente non me ne è fregato assolutamente niente. La cosa che invece mi ha devastato è che la mia collega ha lasciato l’ufficio pochi giorni dopo. Da allora non ho più sentito neanche lei.
 

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